Ormai non si parla d’altro e la questione è aperta.
Facciamo un po’ di chiarezza, facendo due premesse:
- oggi come oggi il vaccino è facoltativo e non obbligatorio;
- ci sono settori lavorativi dove i dipendenti sono più a rischio di contagio (tipo ospedali, RSA, scuola)
L’art. 2087 c.c. obbliga il datore di lavoro (compreso quello pubblico) ad adottare tutte le misure suggerite da scienza ed esperienza, necessarie per garantire la sicurezza fisica e psichica delle persone che lavorano in azienda.
Al di sopra del codice civile nella gerarchia delle fonti c’è però la Costituzione, che all’art. 32 esprime due principi: la protezione della salute di tutti e poi la libertà di scelta individuale del singolo (nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge).
Ricordiamo che anche la Corte Costituzione ha ribadito più volte che la tutela della salute è un diritto dell’individuo e un interesse della collettività (quindi non solo una questione che riguarda il singolo, ma tutta la collettività).
Ricordiamo inoltre che la stessa Costituzione prevede all‘art. 41 la libertà d’impresa.
Cercando di bilanciare tutti gli interessi tutelati è ragionevole ritenere che se il rifiuto della vaccinazione metterà a rischio la salute di altre persone, questo rifiuto costituirà un impedimento oggettivo alla prosecuzione del rapporto di lavoro.
In buona sostanza, se esiste un rischio concreto e apprezzabile di contagio (considerato ad esempio l’ambiente di lavoro, la tipologia, l’affluenza…), il datore di lavoro può condizionare in maniera legittima la prosecuzione del rapporto alla vaccinazione.
Se in certi ambienti la fornitura di determinati Dpi è sufficiente, in altri ambienti caratterizzati da un rischio più elevato di contagio (strutture sanitarie, scuole) il vaccino potrebbe rivelarsi un mezzo più idoneo ad escludere/limitare il rischio di contagio.
In molti pensano solo al licenziamento, ma ci sono anche delle vie di mezzo. Infatti, come abbiamo detto, allo stato attuale il vaccino non è obbligatorio e non possiamo costringere il lavoratore a vaccinarsi, però è possibile che un datore di lavoro, di fronte al rifiuto del lavoratore a vaccinarsi possa legittimamente adibirlo a una diversa mansione perchè risulta inidoneo alla mansione (il caso più semplice da immaginare è l’operatore OSS di una casa di riposo che rifiuta il vaccino).
Il d.lgs. 81/2008 (TU sicurezza sul lavoro), che nella scala gerarchica delle norma sta al pari della legge, parla anche dei vaccini e pone obblighi in capo al datore di lavoro e sanzioni per i dipendenti.
L’art. 279 obbliga infatti il datore a mettere a disposizione “vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico (nel nostro caso il Covid-19), da somministrare a cura del medico competente”.
Pertanto, dal momento in cui è a disposizione il vaccino, il datore di lavoro è obbligato a metterlo “a disposizione” dei dipendenti privati e pubblici, fermo restando che il lavoratore non è obbligato a vaccinarsi (perchè il vaccino non è obbligatorio).
Questo però significa che Il datore di lavoro è obbligato ad allontanare temporaneamente il lavoratore, poiché egli diventa inidoneo alla mansione da parte del medico competente.
Pertanto il lavoratore andrà a svolgere un altra mansione, se esiste, all’interno dell’azienda, compatibile con il suo status di soggetto non vaccinato. Se poi non è possibile adibirlo ad altre mansioni, il rapporto di lavoro può risolversi legittimamente.
La sentenza n. 258/1994 della Corte Costituzionale ha stabilito che un provvedimento normativo, volto a imporre uno specifico trattamento sanitario, può essere prescritto unicamente laddove lo stesso trattamento sia diretto non solo a migliorare o preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale”.
Allo stato attuale, che il vaccino non è obbligatorio, possono porsi dubbi su un eventuale licenziamento che scaturisce dal rifiuto di vaccinarsi, ma si presume che la situazione evolverà, portando all’obbligatorietà del vaccino, quanto meno negli ambienti a rischio. E ciò quanto meno per contenere il proliferare di situazioni discriminatorie tra lavoratori vaccinati e non vaccinati, che potrebbe creare non pochi problemi alle imprese.
La tendenza è forse quella da parte dello Stato di esaminare la risposta dei singoli rispetto all’invito a vaccinarsi. Se l’adesione sarà scarsa e i contagi continuano a salire è prevedibile attendersi l’estensione dell’obbligo del vaccino ai comuni cittadini e, in particolare, ai lavoratori del settore pubblico e privato.